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Come capire che è arrivato il momento di vendere? (pt.2)
Dopo aver affrontato le prime domande da porsi per capire se è arrivato il momento di uscire da un titolo, in questo articolo terminiamo con gli altri elementi riguardanti il rischio specifico di un’azienda.
Valutare il rischio specifico di un'azienda
Il management della società o la proprietà della stessa (e conseguentemente la corporate governance) stanno cambiando e ritenete questo potrebbe peggiorare le performance finanziarie della vostra società?
Solitamente, il cambio di management o di proprietà sono elementi sottovalutati, ma che possono cambiare radicalmente le performance. Pensate a come il tanto discusso Marchionne abbia trasformato la FCA, un tempo media società dell’automotive, in perdita, in una delle più grandi multinazionali del settore, o come l’ancora più discusso Moretti, dopo la positiva esperienza in Ferrovie dello Stato, abbia riportato agli antichi splendori Finmeccanica (ora Leonardo), un tempo vecchio “carrozzone” statale invischiato in corruzione e commesse in perdita.
La mia società sta riducendo la propria diversificazione, concentrandosi su un unico business?
La diversificazione, ovvero puntare su più attività, affini e non, è sempre cosa buona, perché permette di mitigare un periodo negativo in una specifica attività con le buone performance dell’altra (ovviamente deve essere fatta una diversificazione mirata). Tuttavia alcuni azionisti richiedono l’ottenimento del valore nell’immediato, spingendo i manager a dismettere le attività che in quel periodo perdono soldi, concentrandosi solo su quelle che in quel periodo fanno risultati. Pur non essendo una regola aurea, spesso questa strategia risulta essere assai miope, perché renderà la società più vulnerabile agli andamenti dei cicli economici. Ne è un esempio il caso Noble Group, un tempo una delle più grandi società di trading al mondo che pian piano ha iniziato a focalizzare il proprio business sul trading energetico (petrolio e gas) e minerario, dismettendo le proprie attività di trasporto e successivamente anche di trading agricolo. Noble è caduta sfortunatamente in dissesto finanziario, sfociando anche in frode contabile, con conseguente ristrutturazione del debito e ingenti perdite per finanziatori ed azionisti.
La mia società sta incrementando in maniera sostanziale la propria presenza su un unico mercato geografico?
La macroeconomia è fondamentale. Se una società, a seguito di un’acquisizione o di una dismissione, concentra il proprio portafoglio di asset o i propri volumi di ricavi su un unico o pochi mercati, deve accendersi un campanello d’allarme. Il caso YPF-Repsol ne è la riprova: Repsol, società petrolifera spagnola, ha scelto di investire pesantemente nell’attività di esplorazione e produzione di petrolio in Argentina, tramite la controllata YPF, dedicandovi più della totalità dei propri flussi di cassa operativi ogni anno. Un bel giorno del 2012 la presidente argentina Christina Kirchner, lamentando il mancato rispetto degli accordi di concessione da parte di Repsol, decise di espropriare forzatamente il 51% della controllata YPF, dando inizio ad un caso internazionale durato anni. Alla fine Repsol fu privata di un valore di ca. 9 miliardi di dollari, ottenendo in cambio (dopo ben 5 anni) solo 5 miliardi…in bond argentini… insomma non proprio un affare!
la struttura dei costi della società si sta irrigidendo troppo?
Se da un lato, una società con elevati costi fissi può raggiungere margini più elevati in quanto può contare su asset di proprietà senza andare sul mercato ed affittarli, è anche vero che irrigidire troppo la struttura può causare perdite colossali quando la domanda per i prodotti/servizi della società stessa si comprime.
Esempio lampante è quello di Alitalia, la cui strategia nell’ultimo decennio (sbagliata) è stata mirata, oltreché a focalizzarsi su rotte a corto e medio raggio (dove vi è maggiore concorrenza con le low-cost), ad acquistare i velivoli con cui effettuare i voli piuttosto che mantenere un equilibrio tra aerei di proprietà e aerei in affitto. Il risultato è stato registrare perdite colossali allorquando i volumi di fatturato sono stati colpiti dalla forte concorrenza delle linee low-cost e degli altri concorrenti, a fronte di costi fissi rimasti tali relativi a inutili spese in manutenzione e parcheggio di aerei che non erano neanche utilizzati, dati i ridotti volumi. Tutto a spese di noi cittadini…